mercoledì 29 febbraio 2012

No, la destra no. Veltroni: Vendola mi chieda scusa

L’ex segretario Pd risponde all’accusa di “portare il loden”
di Wanda Marra sul fatto quotidiano del 29/2/2012 e grazie a Spogli.blogspot

Inaccettabile” essere definito un esponente della “destra con il loden”. Perché “sinistra è la parola chiave della mia vita”. Per replicare a Nichi Vendola, Walter Veltroni convoca addirittura una conferenza stampa a Montecitorio. La prima da deputato semplice. E dunque, la prima da quando nel 2009 si dimise da segretario del Pd al Tempio di Adriano usando toni durissimi contro il suo partito: “Mi assumo le responsabilità mie e non. Basta farsi del male, per molti il problema sono io, mi dimetto per salvare il progetto al quale ho sempre creduto”. I toni, le espressioni, la rabbia contenuta ed esibita, ricordano quel Veltroni lì. Che reputa “un dovere” replicare alle affermazioni del leader di Sel. Il quale in un’intervista a Oggi gli attribuisce l’idea secondo la quale la contesa politica deve essere sostanzialmente tra due destre: “Una cialtrona, sguaiata, plebiscitaria e razzista, di Bossi e Berlusconi; una (la sua), colta, col loden, non insensibile sul tema dei diritti civili, più europea, costituzionale”.
UN INTERVENTO a gamba tesa quello di Vendola che va evidentemente a intervenire in un dibattito interno già molto nervoso e difficile, con una parte del Pd che guarda “a sinistra” e che ancora vede in Sel e nell’Idv un asse privilegiato, e un’altra che guarda a Monti come leader naturale. Vendola in tutti i modi ha ribadito nelle ultime settimane che non ha alcuna intenzione di mollare (o di farsi mollare) dal Pd. E dunque, il tentativo evidente è quello di spostare il baricentro, facendo leva su chi nel partito è sulle sue posizioni. Di certo non Veltroni. Il quale negli ultimi dieci giorni è sceso in campo in un crescendo (prima con l’intervista a Repubblica, in cui esortava il suo partito a non lasciare Monti alla destra, poi con un intervento dalla Annunziata). Sempre sulla scia del Professore, ma con l’evidente volontà di ritagliarsi una sua fetta di leadership. Sempre preso di mira dal leader di Sel. Ma anche da Stefano Fassina, responsabile Economia del suo stesso partito (“Sull’articolo 18 stai col Pdl”, gli aveva detto). E a questo punto prova a calare un asso, a inchiodare Vendola. E non solo lui. “Spero che sia un incidente”, dice, “spero che queste parole gli siano sfuggite”. Altrimenti c’è “un problema politico”. Perché Vendola “ha il diritto di dire la sua, ma ha il dovere di rispettare le posizioni politiche” di un partito con il quale sta lavorando per le amministrative e non solo. Il campione del “ma anche” questa volta rivendica “sinistra è la parola chiave della mia vita”. Ma – appunto – per l’occasione la definisce: “La sinistra per me è una categoria politica, culturale, civile, l’idea di un mondo che porta libertà, opportunità, diritti e si sforza di portare innovazione senza considerarla qualcosa di estraneo”. Visto che evidentemente si addice all’occasione, poi rispolvera una sua vecchia abitudine: quella di indicare il Pantheon di riferimento. Questa volta cita Berlinguer che “innovò ed infatti fu accusato di tradimento”, poi Lama, Trentin, Rosselli, Matteotti, Di Vittorio”. E avverte: “L’idea che qualcuno possa decidere di dare etichette, di attribuire patenti e collocare una persona diversamente da dove sta la storia di una vita è inaccettabile. È un vecchio e pericoloso vizio che ritorna”. Perché “c’è sempre qualcuno che ti spiega che bisogna essere più a sinistra di altri”. Non risparmia neanche le stoccate: “Io non mi permetterò mai di dire che era di destra chi, uno ad uno, votò nel '98 per far cadere Prodi. Combattei la scelta ma non ho mai dato patenti di traditori”. Vendola era uno di quelli. Infine l’articolo 18. Rivendica: “Ho detto meno di Bersani”. Da Veltroni non esce neanche una parola, neanche un’affermazione che esplicitamente tiri in ballo alleanze. Però, è evidente che con la sua mossa in qualche modo chiede al partito di schierarsi, di scegliere. E da Vendola vuole le scuse.
SCUSE che non arrivano. E neanche una parola di commento. Troppo impegnato, dicono nel suo staff, con i problemi di Taranto e dell’Ilva. E poi, tirato il sasso, preferisce guardare i Democratici contorcersi nelle loro difficoltà. Due ore e mezzo dopo, la replica di Fabio Mussi. Che butta ancora una volta la palla nel campo democratico: “Chi, come te rivendica una vita a sinistra, dovrebbe pensare piuttosto al posto della sinistra nel futuro dell’Italia. A meno che, naturalmente non si sia voluto parlare a nuora”. Ecco appunto. Se la parola “scissione” torna a circolare tra chi frequenta le stanze democratiche, ancora di più la lotta è quotidiana sull’egemonia e la direzione nel partito. Una lotta che combattono sul fronte opposto a Veltroni il responsabile economico, non solo Fassina, ma anche Matteo Or-fini e Andrea Orlando. I più vicini a Bersani. La segreteria in questo caso affida una secca nota al coordinatore, Maurizio Migliavacca: “Il Pd è un partito senza padroni e dove si discute liberamente. All’interno di questa dialettica si è espresso Veltroni con posizioni che in nessun caso possono essere equiparate a quelle della destra”. Nello staff di Bersani si augurano che si stia tutti un po’ più tranquilli. E a difendere l’avversario di sempre da un’accusa che conosce bene è anche D’Alema “Certamente Veltroni non è di destra”. Intanto Di Pietro, cadendo nel tranello di uno scherzo, a Rds risponde a un falso dicendo che a Bersani bisogna dare una mano. Peccato che Fioroni lapidario dica quello che pensano in molti: “La foto dell’alleanza di Vasto? È così vecchia che è scomparso pure il fotografo... ”. Però, non le manda a dire proprio a nessuno: “Prima ci dividevamo tra chi stava con Berlusconi e chi contro, ora non possiamo cominciare con chi sta con Monti e chi contro”.

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