giovedì 26 aprile 2012

Centro storico e Vaglio Lise, a quando gli interventi

Cominciamo con gazzetta del sud di oggi 26/04/2012 che titola "degrado nella parte posteriore della Villa Vecchia, i residenti lanciano l'allarme", ove si scrive nell'articolo: "Incuria e scarsa manutenzione. È questo mix esplosivo che ormai da tempo danneggia la Villa vecchia, storico polmone verde della città. I residenti di via Petrarca, la strada alle spalle del parco incastonato nel centro storico bruzio, denunciano una situazione ormai insostenibile, che li fa temere anche per la propria incolumità. La zona retrostante alla Villa vecchia, del resto, pare abbandonata a se stessa, immagine ben delineata dalle condizioni in cui versano il laghetto e il ponticello in legno che lo sormonta: il primo è completamente ricoperto di melma e rifiuti, mentre il secondo appare consunto e piuttosto rovinato. Gli abitanti della zona, costretti anche a fare i conti con la vicina montagna ballerina (più volte la strada è stata chiusa a causa di detriti e massi piovuti dal costone), lamentano anche le cattive frequentazioni del parco. In diversi momenti della giornata, quella zona decisamente tranquilla e lontana da occhi indiscreti della Villa vecchia sarebbe visitata da spacciatori e tossicodipendenti. Le siringhe abbandonate per terra confermano il racconto e i timori dei residenti."

Leggendo quest'articolo, ci si chiede quando si voglia iniziare, se non da qui, la valorizzazione del centro storico e che ne è di coloro che sotto il vessillo del sindaco Occhiuto e della sua amministrazione si proponevano per la "salvaguardia del centro storico di Cosenza" intanto che aspettiamo questi "Godot", passiamo a Vaglio Lise, e precisamente vicino la stazione Monaco dove lo scarico degli inerti e dei rifiuti in improvvisate e non autorizzate isole ecologiche la fa da padrone.







Chiudiamo con quel che a prima vista sembra un normale campo di fiori, a poche decine di metri dalla stazione Monaco, che con i suoi molti fiori è anche un bel vedere, il problema che non è stato progettato per questo ma doveva essere un campetto di calcio dove residenti e non del quartiere potevano praticare sport, tra i due campi (cui il primo fortunatamente terminato) doveva esserci uno spogliatoio, costruito solo a metà.


Non sbagliamo a rivolgerci all'assessore al comune di Cosenza Carmine Vizza avendo tra l'altro gli assessorati a: Servizi pubblici urbani; Sport, Impiantistica sportiva; Tempo libero; Qualità della vita; Salute pubblica; Ciclo dei rifiuti e raccolta differenziata; Manutenzione; decoro; Verde, igiene pubblica; Protezione civile

domenica 22 aprile 2012

Pd, al via le prove di riconciliazione

D'attorre benedice il primo incontro pubblico tra Oliverio e Principe

Di Saverio Paletta su Calabria ora del 22/04/2012

Il Pd vuol fare le cose in grande ma non rinuncia a lanciare messaggi.
Per dirne una, i relatori effettivi dell'incontro svoltosi ieri pomeriggio al Museo del Presente di Rende sono stati sei: Franco Rossi, docente Unical e assessore rendese all'urbanistica, Mario Oliverio, il presidente della provincia, l'europarlamentare Mario Pirillo, il senatore arbreshe  Cesare Marini, il capogruppo a palazzo Campanella Sandro Principe e Alfredo D'Attorre, il "piatto forte" della serata.
La vera notizia é la compresenza pubblica di Principe e Oliverio.
Una compresenza ben diversa di quella di quasi un anno fa, in cui il consigliere regionale "bacchetto" il presidente della provincia.
Ieri sera tutti presenti e attenti, senza distinzioni di corrente, tant'è che Vittorio Cavalcanti chiamato a moderare, ha avuto il suo bel da fare per salutare tutti i presenti in sala.
Ieri il Pd sembrava un partito.
E i complimenti reciproci, che tutti si sono rivolti dopo un anno di guerra fredda sono stati sinonimo della distensione che dovrebbe preludere ai congressi.
Di cui D'Attorre ha snocciolato il calendario «tutt'ora in progress ma quasi definitivo»: entro il 4 maggio, ha proseguito il commissario «spero di poter insediare la commissione per la verifica dell'anagrafe degli iscritti, per i primi di giugno mi piacerebbe poter presentare le candidature al congresso regionale per poter svolgere le primarie "aperte" a tutti gli elettori il 24 giugno».
Ciò per il congresso regionale.
Poco più in là il calendario dei congressi provinciali e di circolo : il 30 giugno - sempre secondo D'Attorre - dovrebbero essere presentate le candidature per i congressi provinciali e di circolo, riservati agli iscritti, che dovrebbero svolgersi in parallelo.
Vediamo come: tra il 7 e il 15 luglio sono previste le consultazioni dei circoli, in cui saranno votati pure gli aspiranti segretari provinciali.
Mentre il 21 e il 22 luglio dovrebbero svolgersi le assemblee congressuali.
Ora, è chiaro che la "ricetta" di D'Attorre é su misura della situazione cosentina.
 E l'incontro di ieri lo ha ribadito: se i maggiorenti del partito, dopo mesi di guerra fredda, si sono seduti allo stesso tavolo ciò è avvenuto per accreditare un immagine di compattezza (quanto questo corrisponda alla realtà è un altro paio di maniche).
Cosenza, per per risultati elettorali e abitanti, è comunque la realtà più forte del Pd. 
Quella che peserà, salvo disastri e imprevisti sugli equilibri congressuali.
Per questo anticipare  l'elezione del presidente regionale vorrebbe dire eliminare gli equivoci dei territori.
«Spero che i congressi possano svolgersi in un clima unitario», ha ribadito D'Attorre.
Il che, al netto delle ritualità delle primarie, potrebbe voler dire «unitario» e basta.
Con i giochi chiusi prima, in cui i risultati dovrebbero servire solo a contare i rapporti di forza.
Il resto, in quest'ottica, è mera cronaca.
Sono cronaca le congratulazioni di Marino e Pirillo a Principe.
Sono cronaca le difese di quest'ultimo e di Oliverio  del proprio operato a difesa del territorio.
Sono cronaca le note raffinate con cui Rossi ha introdotto il dibattito.
Oltre la cronaca e le righe, il significato "profondo" del convegno di ieri è ben altro: "Governo del territorio", il titolo dell'incontro, significa che il Pd che (ancora) governa, cioè il sistema di Principe a Rende e Oliverio alla Provincia.
Prove tecniche di ricomposizione?
Probabile, tanto più che, con i fermenti del centrodestra, le occasioni sono ghiotte.
Ché tanto per litigare, il tempo e le occasioni non mancheranno.

giovedì 19 aprile 2012

Un due tre stella, i cartoni di Tiwi

I cartoni di Tiwi all'interno del programma di Sabina Guzzanti Un due tre stella

Prima puntata il debito pubblico

Seconda puntata la costituzione



Terza puntata la televisione


Quarta puntata lo statuto dei lavoratori


Quinta puntata Giovani, scuola, formazione

Sesta puntata Il finanziamento pubblico


Settima puntata Leggi illegittime

Ottava puntata I tagli alla cultura

sabato 14 aprile 2012

QUANTI ESCLUSI DA QUEL PRANZO PER POVERI...

Lettera di Padre Fedele Bisceglia su calabria ora del 13/04/2012

Caro Sindaco, ho apprezzato il tuo interessamento per l’Oasi Francescana, la più bella e funzionante (così era fino al 23 Gennaio 2006) struttura d'Europa e ultimamente, in occasione della Pasqua, hai offerto il pranzo, assieme al dottor Antonino Gatto nei giorni di Pasqua e Pasquetta. Purtroppo ci sono stati degli esclusi eccellenti, forse i più bisognosi. E di questo ti voglio aggiornare: il pranzo è stato consumato solo dai poveri che vi risiedono e per i quali la Regione Calabria dona abbondanti soldi. L'Oasi ed i dipendenti della stessa sono sovvenzionati da questo Ente! Sappi che in materia di povertà, di aiuto ai poveri, in città e Regione, per non andare oltre, non sono secondo a nessuno. Non mi sfugge nulla e dò e darò tutta la mia vita in favore dei miei fratelli bisognosi, che sono l'immagine di Cristo. Mi preme sottolineare che non mi fermo alle parole, ma vado al sodo, ai fatti, sia in Italia che in Africa. L'Oasi Francescana fondata e costruita da me e dagli Ultrà del Cosenza Calcio e tutte le grandi opere africane hanno una sola matrice: la Provvidenza di Dio che si manifesta nella generosità dei cittadini di Cosenza. Se sfogli la storia dei tuoi predecessori ti accorgerai che dico il vero. Il pranzo dei poveri a Natale, si consumava nel convento dei cappuccini del Santissimo Crocifisso, poi all'Oasi Francescana ed ultimamente al castello Svevo perchè non solo partecipavano tutti i poveri, dico tutti, ma molti ultrà con i loro genitori, e caso unico proprio il giorno di Natale. Tralascio altri meravigliosi e storici fatti che saranno oggetto di futuri studi sulla povertà e vado ai fatti: il giorno di Pasqua e Pasquetta gli esclusi dal tuo pranzo, quelli che vivono nei casolari, sotto i ponti (dove ho condiviso cibo e letto anche io) alle cupole geodetiche, mi hanno avvicinato, addolorati perchè erano stati esclusi. Alla prima reazione di rabbia sono passato ai fatti. Con la collaborazione di alcuni giovani della Parrocchia Santi Pietro e Paolo, Parroco Don Antonio Abbruzzini, ho raccolto alcuni di questi poveri e sono partito in riva al mare a Campora S. Giovanni. Sono sicuro che tu e i lettori siete curiosi di sapere chi ha offerto il pranzo! Sono più ricco di Berlusconi! Infatti mentre i clienti degli avvocati a Natale e Pasqua portano le buste agli esimi difensori, io invece ho
ricevuto dai miei avvocati Franz Caruso ed Eugenio Bisceglia la Provvidenza. Il primo mi ha riempito una macchina: 2 agnelli, formaggi stagionati, salami, whisky, cestini confezionati con ogni ben di Dio ed altro, il secondo colombe, benzina ed altro. Queste sono scene da film alla De Amicis. A te ed ai lettori le conclusioni. Però permettimi un consiglio: veglia, proteggi l'Oasi Francescana contro gli abusi e le contraddizioni. L'Oasi è stata costruita con una sola finalità: aiutare i poveri ed i senza tetto. Io veglierò, notte e giorno, e difenderò con i fatti e non a parole i miei fratelli poveri. Se sei occupato ti dispenso per la risposta e ti auguro buon lavoro e sappi che ho molta stima e rispetto per coloro che mi governano. Tu sei il mio sindaco per questo sono rispettoso cavaliere.

domenica 8 aprile 2012

Principe: «Avevamo ragione La Giunta impari la lezione»

Su Calabria ora del 07/04/2012

Avevamo ragione noi.
Così la minoranza regionale dopo la “bocciatura” del Piano casa 2 da parte del Cdm.
«La giustezza della nostra battaglia di opposizione, portata avanti con decisione in commissione, in aula, sulla stampa ed attraverso l’iniziativa di trasmettere al ministro delle Regioni un corposo dossier, in cui sono state segnalate tutte le criticità della normativa, trova conferma - afferma il capogruppo regionale del Pd Sandro
Principe - nella decisione assunta dal Governo Monti. Ci auguriamo che la giunta regionale, chiusa ad ogni suggerimento per migliorare la produzione legislativa regionale, prenda atto di questo stato di cose e sia in futuro più aperta rispetto a critiche e proposte aventi una valenza costruttiva, dal momento che le leggi approvate dalla maggioranza di centrodestra,compreso il bilancio annuale e la finanziaria, vengono sistematicamente falcidiate nelle sedi istituzionali deputate al controllo di costituzionalità».
Principe poi elogia l’apporto dato, in tale “battaglia”, dai parlamentari calabresi del Partito democratico «con un'argomentata interrogazione che ha contribuito a sensibilizzare il Governo ad assumere l'iniziativa odierna». Iniziativa ricordata dalla parlamentare Doris Lo Moro: «Come parlamentari calabresi del Pd, accogliendo la richiesta in tal senso formulata dal capogruppo Principe abbiamo con un'interrogazione sollecitato l'impugnativa della legge regionale davanti alla Corte Costituzionale, preoccupati soprattutto che la
nuova normativa accentuasse drammaticamente i “rischi di una espansione edilizia incontrollata, in una regione già gravata da un elevato consumo del suolo, da un numero elevatissimo di abitazioni non occupate, da
un abusivismo dilagante e da carenze di adeguati servizi e standard urbanistici”».
Canta vittoria il consigliere regionale dei democrat Carlo Guccione: «La giunta Scopelliti sarà ricordata anche per aver collezionato un alto numero di leggi impugnate da parte del governo nazionale. La bocciatura della legge regionale Piano casa 2 è l'ultima di questa serie».
Soddisfatto Guccione spiega come «la ratio» delle norme bocciate «e di queste deroghe è che dovevano servire a rendere possibile un “saccheggio” del territorio calabrese».
Soddisfatto anche l’ex governatore Agazio Loiero: «Come si ricorderà, io avevo scritto una lettera al ministro, invitandolo a guardare con estrema attenzione una legge così delicata. Oggi sono contento che è stata fatta
una valutazione approfondita del testo di legge, che va nella nostra direzione (...). La mia protesta andava e va
verso una mia totale indisponibilità a realizzare, grazie a quella norma, una sanatoria. Se si presenta una proposta accettabile, personalmente sono disponibile ad accettarla, ma sono assolutamente indisponibile all'ulteriore devastazione del nostro territorio».

martedì 3 aprile 2012

UN GRANDE meridionalista

«Ci manca con le sue scelte coraggiose e anche con le sue bizze»


Di Sandro Principe su Calabria ora del 03/04/2012


Di Giacomo Mancini in questi giorni si è scritto molto, e reputo assolutamente superfluo un mio ricordo che finisca per essere ripetitivo di valutazioni e giudizi largamente condivisi.
Preferisco, pertanto, sintetizzare la mia condivisione su quanto ho letto, dicendo che Giacomo è stato certamente un importante leader di caratura nazionale, un ottimo ministro, un bravo sindaco e, soprattutto, un appassionato meridionalista, innamorato visceralmente della Calabria e della sua Cosenza.
Un autentico socialista che ha attraversato una fase massimalista e frontista per approdare, nella parte più significativa della sua vicenda politica, ad un riformismo autentico fatto di programmi, di obiettivi e di realizzazioni.
Sul suo essere stato socialista e, quindi, un impegnato esponente della sinistra italiana non debbo aggiungere altro, poiché questo è sacralmente vero senza l’ombra del minimo dubbio; c’è da dire che questo bagaglio culturale racchiude un antifascismo militante e viscerale, che lo vide esponente della Resistenza a Roma, nemico della destra sempre, avversato scorrettamente dagli ambienti neo fascisti sino al punto da essere ferocemente e simbolicamente additato al pubblico ludibrio dai “Boia chi molla di Reggio Calabria”.
Trovo, pertanto, quanto meno di poco gusto vederlo oggi celebrato da costoro.
Con mio padre è stato amico sin dagli anni Quaranta, anche se Mancini era frontista con Nenni, mentre Cecchino Principe era autonomista nel ’48 con Pertini e, successivamente, con Nenni e per il resto della sua vita.
L’amicizia si incrinò nel 1963, quando mio padre fu il primo eletto in provincia e nella città di Cosenza e Giacomo Mancini, che aveva una visione aristocratica del partito, anche se condita con un tratto compiacente e sinceramente affettuoso per i ceti popolari, questo risultato non lo digerì e non lo perdonò.
Nel 1968, all’apice della sua potenza cercò di far fuori Cecchino Principe nelle elezioni politiche; non vi riuscì, ma impedì che mio padre fosse nominato ministro.
Seguirono periodi di alti e bassi, per finire al ritorno ad una sincera amicizia negli ultimi anni della loro vita.
Nei miei confronti, Giacomo Mancini, ha avuto un rapporto altalenante, condizionato dalla contingenza politica; mi apprezzò quando ero giovane dirigente politico perché sostenevo l’esigenza di un accordo stabile tra il vecchio Mancini ed il vecchio Principe.
Ero convinto, infatti, che, essendo la Calabria, all’epoca, la Regione più socialista d’Italia, una loro intesa avrebbe consentito a Mancini di restare segretario nazionale del Psi ed a Principe padre di diventare ministro. Del resto, a conferma di questo assunto, nel 1972 Mancini perse il Congresso di Genova poiché, in ragione delle liti intestine, gli iscritti della Calabria non furono conteggiati ai fini del risultato finale.
Eletto sindaco di Rende nel 1980, Mancini era convinto che avrei pagato quel risultato.
Poi, prendendo atto del mio successo ed anche dell’accoglienza che mi fece il partito e l’elettorato socialista calabrese nel 1987, soprattutto in provincia di Cosenza, dove arrivai prima di lui, mi avversò sordamente; in
modo particolare dopo il 1992, quando risultai il primo eletto in Calabria e Giacomo Mancini,con la preferenza unica, non risultò.
Quando divenne sindaco di Cosenza nel 1993, con la nostra opposizione, fece di tutto perché sul mio nome non si raggiungesse l’accordo di tutto il centrosinistra nelle elezioni amministrative di Rende del 1999.
Allorché fui, poi, eletto sindaco i rapporti si distesero molto e diventammo, si può dire, pur nella grande differenza di età, amici; ci consultavamo continuamente e quelli furono gli anni della grande collaborazione tra Cosenza e Rende, che partorirono il Psu, il Pit delle Serre Cosentine, che lui volle fosse da me presieduto, e la elaborazione e l’avvio di grandi progetti come il viale Parco, la metropolitana leggera, il Piano strategico Cosenza-Rende ed anche la gestione comune dei rifiuti che, in quella fase, funzionò abbastanza bene.
Questo periodo di serena condivisione di responsabilità municipali fu turbato solo durante le elezioni regionali del 1995, quando Giacomo Senior candidò Giacomo Junior con il Pse, ed io, pur non ostacolandolo minimamente, non lo sostenni poiché ero un dirigente dello Sdi.
Mi piace molto ricordare che, in uno dei nostri ultimi incontri, mi fece quasi giurare che non avrei mai litigato con Giacomo Junior e che uscendo dalla sala operatoria, poco prima della morte, mi fu riferito che avesse domandato: “Ma Sandro è venuto”?
Sul piano politico generale, in estrema sintesi ho già detto, ma mi preme aggiungere che il suo socialismo, che era caratterizzato certamente da una visione laica e garantista, era originale sulle questioni di macro economia, in quanto Mancini era assai critico verso il pensiero dominante del socialismo italiano che, se si prescinde da grandi pensatori, come ad esempio Salvemini, nella sua espressione partitica non ha mai posto la questione meridionale come questione centrale e nazionale.
Mancini era un meridionalista convinto, realista e pratico, nel senso che, giunto, per dirla con Nenni, “ nella stanza dei bottoni”, esercitò il potere per realizzare politiche meridionaliste.
Ed, invero, per quasi 140 anni la gran parte degli studiosi ha sostenuto che la minorità più emergente del Mezzogiorno era costituita dal suo isolamento.
Mancini ruppe l’isolamento del Mezzogiorno e della Calabria realizzando l’autostrada Sa- Rc, avviata con il governo Fanfani, ma che si era praticamente arenata prima che Mancini divenisse ministro dei LlPp.
Ruolo che gli consentì di dotare la nostra regione di acquedotti, fognature, scuole, ospedali, strade di ogni ordine e grado, al punto da poter dire che senza queste opere oggi la Calabria sarebbe altra cosa, e non certo
migliore.
Si diceva che sul suo tavolo di ministro ci
fossero 4 cartelle: Italia, Prov. di Cs, Prov. di Cz e
Prov. di Rc.
Si impegnò anche alacremente per avere l’Università della Calabria a Cosenza, che per verità avrebbe voluto localizzare a Piano Lago; con riferimento alla realizzazione dell’Unical, debbo aggiungere che è ingiusto non ricordare il ruolo svolto per l’ateneo da Riccardo Misasi e da Francesco Principe, che vincolò, quest’ultimo, 600 ettari di terreno per consentire ai progettisti partecipanti al concorso internazionale di redigere liberamente il progetto per localizzare l’Unical ad Arcavacata, e l’azione dei sindaci di Rende che si sono poi succeduti, che hanno favorito l’esproprio di ben 200 ettari di territorio, dotando dei servizi e delle opere necessarie questa grande fucina per la formazione delle future classi dirigenti calabresi e per la produzione di ricerca applicata di qualità, senza la quale la Calabria non potrà mai aspirare ad avere un avvenire produttivo; quel-
l’avvenire produttivo che Giacomo Mancini, con alcuni dei suoi colleghi del tempo, pur errando nella
scelta dei settori, quali la siderurgia, ormai matura, avevano tentato di assicurare alla Calabria sin dagli
anni Settanta.
La vicenda dell’autostrada del sole è paradigmatica per spiegare il Mancini ministro.
La volle fortissimamente imponendola al suo partito, al governo ed alla burocrazia ministeriale; la stessa cosa, ad esempio, non riuscì a fare, perché non dotato della stessa forza di carattere, Riccardo Misasi nel 1988,
allorchè la società Autostrade Spa, allora dell’Iri, era disposta ad ammodernare con tre corsie, corsia di
emergenza e con gli accessi vincolati la Sa-Rc, chiedendo la proroga della concessione al 2018.
Di questo episodio ho un ricordo vivo e personale perché ero deputato e membro della commissione ambiente e fui, nel mio piccolo, anche protagonista: la lobby dell’Anas si oppose e Misasi, che era
sottosegretario alla presidenza con De Mita, fece marcia indietro, e dopo 25 anni stiamo ancora patendo per una misera corsia di emergenza in più.
Sono convinto, anche se la storia non si fa con i se e con i ma, che se ci fosse stato in quel momento Mancini le cose sarebbero andate diversamente e l’Italia, che all’epoca aveva il primato autostradale in Europa, per la miopia dei successori di Mancini al ministero dei LlPp, non sarebbe precipitata all’ultimo posto, trascurando, nel contempo, totalmente di potenziare il trasporto su ferro e su acqua.
Mi piace in definitiva celebrarlo anche come sindaco, perché capì l’importanza del recupero e della rivitalizzazione del centro storico, puntando anche sulla cultura e sulla editoria, verso le quali era stato sempre sensibile ed attento con eventi, come il premio Sila, e con il suo impegno per sostenere iniziative per dare voce alla Calabria.
Il paesaggio lo inteneriva ed era apprezzato da Mancini, ed anche per questo da riformista capì che bisognava fermare il massacro del territorio, non solo nella Valle dei templi di Agrigento, ma in tutto il Paese, promuovendo e facendo approvare la legge Ponte ed il d.m. del ’68, sugli standards urbanistici.
Per onestà intellettuale, volendo dire la verità di ciò che penso, questa lucidità non l’ho ritrovata nel nuovo Prg di Cosenza, che, volendo far concorrenza a Rende sulla quantità, in definitiva ha finito per favorire Rende, perché il blocco dell’edilizia nella città di Arintha, in concomitanza con l’espansione cosentina, ha reso possibile una migliore qualità del disegno urbano rendese a discapito della nuova Cosenza, che avrebbe avuto bisogno di sventramenti, di demolizioni e ricostruzioni.
Penso che amasse molto i bambini e lo ha dimostrato introducendo il vaccino antipolio Sabin, quando era ministro della Sanità, salvandone molti da quel flagello.
Debbo dire che ci manca molto con la sua cultura politica, il suo lucido ragionare, la sua capacità di assumere decisioni coraggiose ed anche con le sue bizze e le sue impuntature, che hanno rappresentato una parte notevole nella vita del vecchio Partito Socialista, che ci manca tanto; ed insieme a lui, mio padre, per non parlare di grandi figure nazionali come Nenni, Pertini, Lombardi, De Martino, Craxi, etc.
Forse, per verità, ci manca meno quel suo essere aristocratico al punto da sfiorare una visione proprietaria del partito, che dava luogo a comportamenti che apparivano ritorsivi e vendicativi e che, sia pure non caratterizzanti di una personalità molto complessa e prevalentemente positiva, si fa tuttora fatica a giustificare.

CHI L’HA VISTA LA PEC? IL MEZZO BLUFF DELLA POSTA ELETTRONICA CERTIFICATA



 

Di Daniele Martini su il fatto quotidiano del 3/4/2012



Ce l’ammannirono come l’esempio dell’inveramento di quella I, prima lettera della parola Informatica, che con la I di Inglese e di Impresa, avrebbe dovuto trasmettere ai posteri il segno del buongoverno berlusconiano.
Il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, se ne riempiva la bocca in ogni occasione, ripetendo che la Posta elettronica certificata (Pec), avrebbe rivoluzionato in meglio il rapporto tra imprese, professionisti e Stato. Caduto il governo Berlusconi e diradate le nuvole di incenso con cui era stato avvolto l’argomento, la verità che emerge è molto più pedestre. La Pec è un mezzo bluff.
Il giudizio non è di qualche antagonista per partito preso, ma di un organismo neutro: l’Istituto superiore delle comunicazioni e tecnologie dell’informazione (Iscti), dipartimento del ministero dello Sviluppo. Dall’empireo in cui era stata spinta dalla propaganda berlusconiana, la Pec viene riportata con appena due righette sulla terra, anzi, nel sottoscala dell’infor matica. Scrive Sandro Mari, ingegnere dell’Iscti: “La Pec non è interoperabile e, proprio perché non basata su uno standard internazionale, non è integrata in alcuni software di gestione”. Che tradotto significa: la Posta elettronica certificata è un sistema autarchico, valido solo entro i confini nazionali e non si interfaccia con il resto del mondo, dialoga solo con un’altra Pec o con gli uffici pubblici nazionali, quelli abilitati, naturalmente, e quelli dove la sanno adoprare. L’esatto contrario della filosofia della rete, insomma.
SCRIVE ANCORA il tecnico ministeriale: “La Ietf (International Engineering Task Force) ha elaborato un sistema per la posta elettronica che garantisce l’integrità del contenuto, la data e l’ora dell’invio e della ricezione delle comunicazioni e non implica la creazione di un sistema centralizzato per la sicurezza”. Seconda traduzione: c’è un sistema alternativo alla Pec, sicuro, meno farraginoso e per di più non oneroso. Quindi la Pec non solo è autarchica, ma pure inutile.
La stroncatura della posta elettronica brunettiana da parte dell’istituto ministeriale arriva purtroppo quando i buoi sono scappati, con anni di ritardo rispetto all’avvio dell’operazione e quasi per caso. La vicenda Pec inizia addirittura nel 2005 ed è figlia, oltre che di Berlusconi, anche di Lucio Stanca, ex capo Ibm in Europa, Medio Oriente ed Africa, diventato nel frattempo ministro dell’Innovazione tecnologica. Il compito di costruire il sistema fu affidato alle Poste per la non modica cifra di 50 milioni di euro. Caduto nel 2006 il governo di centrodestra, il progetto entrò in un limbo, ma fu ripreso nel 2008 da Brunetta e rilanciato in orbita. Da allora la Pec si è nutrita di parole e propaganda.
Nessuno aveva mai avuto risposta alla domanda cruciale: così concepita, la Posta certificata funziona, serve? La questione ora è stata sollevata da ‘Cittadini di Internet’, un’associazione che si prefigge di migliorare la vita di chi usa la rete. Il presidente, Massimo Penco, si è rivolto al ministero e ne è scaturito un carteggio di una decina di pagine che ha coinvolto diversi uffici e dipartimenti ministeriali e che il Fatto ha potuto consultare.
 Il responso alla fine è arrivato e somiglia a un de profundis. Il brutto è che aziende e professionisti continuano a pagare per la Pec in media 20 euro all’anno e chi si sottrae rischia una multa piuttosto salata, da 5 mila euro a 50 mila. Dall’altra parte del monitor c’è chi incassa. Milioni e milioni di euro incamerati da 26 gestori iscritti alla DigitPA, l’ente per la digitalizzazione dell’amministrazione pubblica. Si comincia con Aci e si arriva all’Università Federico II di Napoli passando per Aruba, Consiglio del Notariato, Infocert (Camere di commercio), Poste, Sogei, Telecom.

“In Calabria non c’è libertà. Ma è Italia, lo Stato dov’è?”

MARIA CARMELA LANZETTA SI DIMETTE DA PRIMO CITTADINO DI MONASTERACE DOPO LE RIPETUTE MINACCE

Di Enrico Fierro sul fatto quotidiano del 03/04/2012

Vuole sapere perché mi sono dimessa?
Perché non intendo tornare indietro?
Semplice, drammaticamente banale: nel mio paese, Monasterace-Calabria, non c’è la libertà di poter fare il sindaco nell’interesse esclusivo dei cittadini e del bene comune.
Lo scriva, per favore ”.
Maria Carmela Lanzetta, farmacista, vive ed era sindaco di quell’antica perla greco-bizantina che è Monasterace, poco più di tremila anime sullo Ionio calabrese.
Paese bello.
Giù spiagge e mare da incanto, sopra i monti e le foreste delle Serre.
Il cibo è buono, la gente accogliente.
È Calabria, dove la bestialità della mafia stupra ogni giorno la bellezza della terra e la tenacia degli onesti che la abitano.
È LA CALABRIA dove comanda la ‘ndrangheta.
Una mafia potentissima e spietata.
Ecco, se volete una sintesi per capire di cosa parliamo, vi offriamo un passaggio dell’ultimo rapporto della Direzione nazionale antimafia.
Che definisce la ‘ndrangheta una “presenza istituzionale strutturale nella società calabrese, interlocutore indefettibile di ogni potere politico e amministrativo, partner necessario di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l’aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio regionale”.
Quei pochi sindaci, assessori, detentori di poteri politici e istituzionali che non si piegano e non baciano mani, vengono intimiditi.
Quaranta attentati ad amministratori pubblici dal 2011.
Alla farmacista Lanzetta, che coltivava il sogno di amministrare il suo paese rispettando regole e leggi della Repubblica, hanno reso la vita impossibile.
“Poche settimane dopo la mia elezione, mi mandarono un primo, chiarissimo messaggio.
Mi bruciarono la farmacia. Un danno incalcolabile che ancora pesa sulla mia famiglia”.
La farmacia, l’unica del piccolo borgo, era al piano terra della casa dove la dottoressa vive con la sua famiglia.
Poteva succedere di tutto.
Pochi giorni fa un nuovo attentato.
Tre colpi di pistola contro la mia auto. Un messaggio chiaro: devi andar via, lasciare, questo non è più
un posto per te”.
Paura per sé e per i figli, angoscia per quello che può succedere ancora.
Delusione per uno Stato che non riesce a proteggere i suoi rappresentanti più esposti.
A QUASI un anno dal primo attentato in un paese che conta poco più di 3 mila abitanti, nessuno è in
grado di dire chi è stato e perché lo ha fatto.
Maria Carmela Lanzetta ha fatto il sindaco “per passione civile e perché lo ritenevo giusto per la mia comunità. Ho rinunciato all’indennità e finanche ai rimborsi per il telefono e le spese di viaggio. Ma ora basta, la mia famiglia vive nel terrore. E pensare che aspiravamo solo a una vita normale”.
La farmacia bruciata, una bara disegnata sotto la casa di una donna assessore, con la croce e le iniziali delle sue figlie bambine.
Questa è la normalità in Calabria.
Terra irredimibile, terra ormai persa?
La dottoressa Lanzetta per un attimo ferma il nostro colloquio telefonico.
“Lo chieda a chi sta più in alto di me, io sono solo una piccola ruota dell’ingranaggio dello Stato e della Repubblica, sono loro che devono rispondere.
Io so solo che la Calabria è Italia, da sindaco indossavo la fascia tricolore, come gli altri amministratori
minacciati in questi mesi”.
Con Maria Carmela Lanzetta ci scambiamo impressioni per telefono.
Sta andando a Reggio Calabria in macchina.
Da sola.
Senza protezione nel paese delle scorte inutili e degli insopportabili privilegi delle caste.
“Non ho chiesto scorte, né protezioni particolari”, ci dice.
“Ma qualcuno poteva anche imporle qualche forma di tutela?”, ribattiamo.
“Non so che cosa rispondere, è andata così, ma ci tengo a dire che dopo il primo attentato il paese è più controllato, i carabinieri stanno facendo un grande lavoro”.
Quali equilibri ha rotto, quali interessi ha toccato l’amministrazione Lanzetta?
“Guardi – risponde il sindaco dimissionario – noi non abbiamo fatto proclami, ci siamo limitati ad amministrare il paese nel rispetto totale di leggi e regole. Abbiamo fatto bandi e appalti trasparenti, progettato cose che ho l’amarezza di non aver potuto portare fino in fondo. Loro, quelli che hanno avvelenato la mia vita, hanno interrotto un sogno. Ma lo sa che nella mia giunta c’erano cinque donne e quattro ragazzi? Energie giovani che non sono andate via, che hanno deciso di impegnare nella loro terra cultura, professionalità e speranze. È la cosa che mi brucia di più: hanno ucciso la voglia di riscatto di questi ragazzi”.
Tanti messaggi di solidarietà, da Bersani che ha telefonato, agli altri sindaci calabresi ma anche del Nord.
“Mi ha chiamato il sindaco di Marzabotto per invitarmi il 25 aprile nella sua città. Bella data, grandi valori. Ci andrò”.

domenica 1 aprile 2012

Ripartire dal centro storico Il Pd dà un segnale di vita

La prima assemblea in città dopo oltre tre anni di stop

Di Saverio Paletta su Calabria Ora del 01/04/2012


Dal 2009 il Pd non celebrava una propria assemblea in città. L’occasione si è presentata ieri con la riunione del primo circolo, dedicata -per ovvie ragioni di competenza territoriale- al centro storico. Non
è un caso che l’assemblea di ieri, svoltasi all’interno del dopolavoro ferroviario, segua a ruota il dibattito promosso circa 10 giorni fa dal terzo circolo del Pd, per capirci quello cattolico assai vicino a Mario
Maiolo. Un altro modo, per i due circoli cittadini che si sono sobbarcati l’onore della bandiera nelle ultime amministrative, per dire che il Pd c’è ancora e batte un colpo. Solo che ieri si è parlato di politica e se
n’è parlato in maniera dura. Rilanciare sì. Ma da qui a far finta che certe cose non siano successe e che le ferite si siano rimarginate ne corre. Lo ha ricordato Raffaele Zuccarelli (i cui spiriti battaglieri non si sono ancora sopiti) nella sua relazione introduttiva in cui ha toccato tutti i punti del dibattito per sommi capi.
A partire dagli aspetti “costruttivi” («Occorre considerare il centro storico e l’Unical come i due poli su cui costruire l’area urbana») per culminare in quelli più polemici, che da stimolanti diventano gustosi come capita sempre quando ad alzare i toni sono le persone pacifiche. «Il partito deve avere il primato su tutto. Sulle
correnti ma soprattutto sui personalismi». E giù una serie di stoccate contro i personalismi, «la rozza logica paesana e le contrapposizioni tra territori portate avanti in nome dei campanilismi».

Ora, sia che queste tesi si declinino in termini incendiari, come ha fatto uno scatenatissimo Antonio Ciacco, sia che le si prendano in maniera propositiva, come ha invece fatto Enza Bruno Bossio -che ha rilanciato l’idea di un «partito aperto e plurale in cui le ragioni della politica incontrano quelle dei territori»- resta il dato politico di un’assemblea partecipata e, a tratti, affollata. Segno che queste tesi sono condivise. Anche da chi all’assemblea di ieri era “ospite”, come Nicola Adamo. O vi ha partecipato da militante “defilata”, come Maria Lucente, ex assessora Pd che ora siede nel gruppo Pse con Giuseppe Mazzuca ed Enzo Paolini. Il resto è stata una ridda di interventi, in cui hanno ripreso la parola in pubblico dopo un lasso considerevole di tempo alcuni protagonisti dell’esperienza amministrativa del quinquennio Perugini. Come
Damiano Covelli, ex presidente del consiglio comunale ed ex assessore alla Protezione civile, protagonista anche lui di un intervento devastante, e Giovanna Tartoni, l’ultima presidente della prima circoscrizione. Guarda caso, quella del centro storico. Parlare di centro storico significa tirare in ballo l’area socialista. Perciò non è stato fuori luogo l’intervento di Umile Trausi, che aveva preceduto la Tartoni alla guida della circoscrizione. Ancora di politica ha parlato Gabriele Petrone, autore di un intervento moderato ma incisivo sul ruolo del Pd in città. A prescindere dalle varie tesi, da cui dovrebbe sortire un documento politico del partito in città, il messaggio è stato chiarissimo: due circoli cittadini su quattro hanno deciso di mettersi in moto. Soprattutto il primo, che ha dimostrato di poter risvegliare la base e aprire una dialettica democratica.
Se siano rose o meno, dipenderà dalla fioritura.

Precisazione Calabria ora 1/4/2012

Su Calabria ora del 1/04/2012 in merito a un articolo arriva una precisazione che pubblico per amor di verità:

«Quelle parole non le ho mai dette»

In merito all'articolo a commento del consiglio comunale di Rende del 29 marzo ( "Rende approva il parco acquatico"), l'ufficio stampa del comune precisa che viene attribuita una frase al Sindaco che non ha mai pronunciato sia nelle parole che nei contenuti. E, peraltro, l'intero testo appare assai lontano sia dalla realtà, sia dalle possibili "sensazioni" giornalistiche. Al sindaco viene attribuita la frase "Le cose che sto leggendo sui giornali mi sta facendo vergognare di essere cosentino", si precisa che il sindaco non ha esordito  con questa frase ma si era detto solo "mortificato" da cosentino, per aver letto sulla stampa locale alcune dichiarazioni di rappresentanti della città di Cosenza che definivano Rende una periferia della città capoluogo.
Ufficio stampa Comune di Rende