mercoledì 24 luglio 2013

Togliere il silenzio sugli Ufo? - Vladimiro Bibolotti - Il Fatto Quotidiano

Togliere il silenzio sugli Ufo? - Vladimiro Bibolotti - Il Fatto Quotidiano
“Il silenzio sugli Ufo deve terminare”. Così l’astronauta americano Edgar Mitchell, ha dichiarato in una recentissima intervista su Bloomberg. L’eroe americano che detiene il record di di passeggiate sul suolo lunare, non è nuovo a simili esternazioni e non è il solo astronauta ad averlo fatto, essendo in buona compagnia anche con i rivali ex cosmonauti sovietici. La cosa nuova è che per la prima volta Mitchell tira in ballo uno dei problemi centrali della questione Ufo, se non il principale. “C’è una enorme quantità di denaro in ballo”.
Il ragionamento è molto semplice. Visto l’enorme gap tecnologico tra i nostri velivoli e gli Ufo, certamente, chi venisse in possesso di eventuali tecnologie “particolari”, nel caso poi riuscisse realmente a comprenderle e svilupparle, deterrebbe una supremazia mondiale sulle altre economie, basate sulle residuali energie fossili o nucleari. Per questo Mitchell cita il caso Roswell, del luglio del 1947, ricco di incredibili contraddizioni ed omissioni e testimonianze dove dalla sera alla mattina la presunta caduta di un disco volante, annunciata a mezzo stampa e via radio al mondo viene frettolosamente trasformata in esperimento militare fallito del Progetto Mogul, pallone atmosferico per il monitoraggio delle attività atomiche dell’Unione Sovietica. Come se il miglior personale militare statunitense di stanza nella base militare di Wright Patterson, dove era allocata l’unica squadriglia di bombardieri per il trasporto di bombe nucleari esistente al mondo, non fosse in grado di distinguere la differenza tra un pallone sonda e una struttura volante precipitata a terra di origine non terrestre.
Inoltre quale miglior alibi per mascherare un esperimento militare super segreto, raccontare di una improbabile caduta di un disco volante. Le istituzioni militari Usa nel corso dei decenni hanno più volte modificato la versione dell’incidente, accentuando il sospetto che qualcosa di strano sia veramente accaduto lì a Roswell, perché dopo quasi sette decenni non è più ragionevolmente giustificabile il silenzio su un incidente che avrebbe visto esposte tecnologie militari ormai obsolete.
Invece ammettere la realtà degli Ufo significherebbe accettare l’esistenza di macchine o tecnologie a noi superiori che svolazzano indisturbate sui cieli del pianeta. Già, ma queste macchine stanno a testimoniare l’esistenza delle stesse.
Come curiosamente ha fatto Massimo Adinolfi su L’Unità, nella edizione domenicale del 21 luglio, commentando in prima pagina l’intervista di Mitchell, il giornalista ha scritto: “Rovesciamo la domanda. Anziché chiederci se esistano gli alieni, domandiamoci perché non dovrebbero esistere”.
Ottimo ragionamento, una piccola rivoluzione concettuale, senza scomodare Copernico, ma che ha reso efficacemente il problema. Noi siamo una civiltà con appena 15mila anni di sviluppo tecnologico, immersi in un sistema solare di soli 5 miliardi di anni collocati in un universo di 15miliardi di anni. Bene, allora cosa potrebbe fare una civiltà extraterrestre o extra galattica, con milioni o miliardi di anni di sviluppo tecnologico superiore al nostro?
Noi saremmo forse come gli indios dell’Amazonia atti ad osservare i Jumbo747 volare sopra le nostre teste, senza possibilità alcuna di poter replicare tali tecnologie, per un gap tecnologico di soli duemila anni. E se il gap fosse superiore, cosa riusciremmo noi a far volare? Eccoci invece oggi ad osservare e ragionare sul fenomeno Ufo, fenomeno estremamente raro ma presente e reale. Osservato e documentato da astronomi e scienziati, monitorato e fotografato, da civili, militari in servizio e che ci relega in confronto a tali Oggetti Volanti Non Identificati alla stessa stregua degli indigeni.
Alcuni scienziati hanno provato a ragionare schematizzando in chiave di potenzialità delle eventuali civiltà extraterrestri, come La classificazione delle civilizzazioni galattiche su basi scientifiche che è stata proposta per la prima volta dal radioastronomo Iosif Shklovskii, ricercatore dell’Istituto di Astronomia Stenberg dell’Università di Mosca seguita poi da Kardashev e da ultimo da Michio Kaku.
Oggi, le scoperte dei pianeti extrasolari ed extragalattici hanno portato al calcolo della presenza di ben 60 miliardi di pianeti abitabili nella nostra galassia. Già ed essendo molto più antichi perché non abitati? Sempre secondo la nostra logica, pensiamo ancora di trovare le prove con strumenti tipo Seti, cioè l’ascolto di segnali radio di natura Extraterrestre e già Rubbia aveva sentenziato su questo, sostenendo il rischio di non comprendere messaggi trasmessi in modi a noi sconosciuti, proprio quando noi nel giro di alcuni decenni abbiamo già dismesso per le comunicazioni diversi sistemi di telecomunicazione. A Roma lo Swich off ha spento o dismesso i tradizionali canali televisivi analogici. Il sistema Morse, dismesso.. Probabilmente noi saremmo ciechi e sordi come gli indigeni delle foreste, circondati da civiltà avanzate come in Europa, Asia Africa, Oceania o Americhe e convinti di essere soli perché non raggiunti da messaggi tramite tam tam o segnali di fumo. Magari siamo attualmente difronte a tecnologie più evolute di millenni e forse non siamo in grado di intercettare e comprendere un eventuale messaggio o segnale intelligente proveniente da ET.
Oggi con le nuove e più libere tecnologie date dai social media, abbiamo iniziative sporadiche come l’invio di messaggistica spaziale tramite il Canberra Deep Space Comunication Complex – tramite SMS: HelloFromEarth; poi alla iniziativa del National Geographic – Twitter: Chasing Ufo, fino all’ultimissima: #earthcalling l’hashtag alieno per twittare verso Gliese 526. Ma queste sono iniziative mediatiche che secondo gli organizzatori, promosse per la sensibilizzazione del tema Ufo-ET.
Tutto in realtà, tranne che un serio progetto di ricerca, magari gestito dalle Nazioni Unite, come richiesto nella ultima conferenza organizzata a Washington, la UFO, Citizen Hearing on Disclosure del 29 aprile 3 maggio 2013. Lì il buon Mitchell in videoconferenza aveva anticipato quello che poi sarebbe apparso nell’intervista su Bloomberg. “Togliere il silenzio sugli Ufo”.

lunedì 13 maggio 2013

Emergenza rifiuti; Principe ritardi imperdonabili...

« Purtroppo l'ordine del giorno presentato dal Pd è stato ignorato in Consiglio dalla maggioranza»

Intervista di Antonio CantisaniSandro Principe su Calabria ora del 13/05/2013




mercoledì 24 aprile 2013

«Siamo allo sfaldamento del Pd»

Critiche al progetto Barca: «È un massimalista». E quel no a Rodotà al colle.

Intervista di Adriano MolloSandro Principe su il quotidiano della Calabria del 23/04/2013

L'amarezza del capogruppo Principe per aver assistito al crollo dell'era Bersaniana


lunedì 22 aprile 2013

Principe: «Ora basta con i personalismi»

Il capogruppo Pd: ripartiamo dal congresso regionale

Intervista di Teresa Munari a Sandro Principe su Calabia ora del 22/04/2013

È toccato a Sandro Principe, capogruppo del Pd in missione a Roma come grande elettore del Presidente della Repubblica, vivere in prima persona il travaglio del suo partito condannato ancora una volta a veder perire il proprio leader senza poter far nulla per salvarlo.
E adesso?

«Io vedo un problema a sinistra dove le decisioni di Vendola (quelle di smarcarsi dalla riconferma di Napolitano) coincidono con la fine di “Italia, bene comune”».
La caduta di Bersani lascia immaginare la nascita di un nuovo soggetto politico?
«Se così fosse, io non mi riconoscerei. Si ripeterebbe un progetto di sinistra estremamente radicale incapace di dar vita a un progetto riformista. E poi una nuova alleanza fra Sel e qualche pezzo del Pd inasprirebbe il quadro, ma non lo migliorerebbe».
Dopo questo scollamento fra Bersani e il resto del partito che aria tira?
«Mi auguro che la parte centrale del Pd, quella che si riconosceva in Bersani e Renzi rimangano nel partito, per confrontarsi fin dal prossimo congresso su due piattaforme alternative. In campo ci sono una serie di riforme costituzionali prima fra tutte l’elezione diretta del presidente della Repubblica, più che sacrosanta se si guarda a ciò che chiede il Paese, e quindi la riduzione dei parlamentari, il “senato delle regioni” … forme di democrazia diretta che comportano inevitabilmente visioni dello Stato diverse e che nel congresso troveranno l’habitat perfetto per misurarsi e confrontarsi».
Due piattaforme? E come si riverberano sul Pd calabrese che è a un passo dai congressi?
«Nel Pd calabrese si sta insieme sempre pronti a scatenare una guerriglia per fatti personali, per aspirazioni mancate e mai su una discussione legata alla Regione che vorremmo, se ci piace così accentratrice o se sarebbe meglio decentrare alcune funzioni, o su come spendere i fondi europei o se ci sono obiettivi straordinari da perseguire. In un partito lacerato come il nostro serve un confronto diretto e a largo raggio,
ecco perché organizzarsi su due piattaforme è la strada giusta da seguire per non restare impaludati
sempre di più in questioni gestionali e mai di principio o di scopo. Dobbiamo finalmente collegarci a ciò
che bolle nella società e questo vale sia a livello nazionale che regionale».
Cosa pensa della macroregione. Crede che possa rappresentare una svolta per le politiche locali?
«La macroregione ha senso soltanto in una visione di Stato unitario. Con la fine delle politiche centraliste anche quelle meridionaliste sono scomparse. E dunque ben vengano le aggregazioni: se ci fosse stata una macroregione del sud l’autostrada non avrebbe avuto bisogno di venti anni per l’ammodernamento, ma sarebbe stata ultimata a tempo debito magari sotto la spinta di una presenza coordinata fra Campania, Basilicata Calabria e Puglia in Conferenza Stato –Regioni, dove invece le prospettive della Calabria rimangono marginali. Sono più che convinto che anche la macroregione possa rientrare nel quadro di riforme che il Paese, che la Calabria aspetta. La riconferma di Napolitano sarà servita al Paese solo se il “Governo del Presidente” opererà come una “costituente” capace di traghettarci su una forma di Governo a carattere federale con conseguente alleggerimento amministrativo e di semplificazione concedendo sempre più potere ai territori e seguendo linee di sempre più radicato civismo».
Un quadro dove il “regionalismo” ammette il suo fallimento!
«E come negarlo. Adesso dobbiamo guardare avanti e a partire dal nostro prossimo congresso regionale affidarci alle scelte dirette di tutti i cittadini calabresi, compresi quelli non iscritti al Pd che vogliamo partecipino alle nostre primarie».
Una battaglia dura che Principe intende combattere contro “l’aparthaid” , ma che pensa di poter vincere. D’Attorre è avvertito!

lunedì 8 aprile 2013

Pd, manovre in vista del congresso

Servizio su Ten (Teleuropa Network) di Marisa Fallico riprese e interviste di Luigi Salsini sull'assemblea a Diamante della componente renziana calabrese guidata dal neo deputato Pd Ernesto Magorno con la partecipazione di Salvatore Perugini e Franco Laratta

sabato 30 marzo 2013

L’Unità ieri e oggi, vuoti di memoria

Tratto dal fatto quotidiano del 30/03/2013

L’insuccesso gli ha dato alla testa, viene da dire leggendo le ultime righe di un comunicato della Nie, società editrice dell’Unità, pubblicato nella pagina dedicata alla polemica con Beppe Grillo sui conti in rosso del giornale fondato da Antonio Gramsci. Che il quotidiano sia in crisi lo dicono non solo i numeri, ma anche giornalisti e poligrafici, giustamente preoccupati per il futuro dell’azienda. Notizie riprese anche da ilfattoquotidiano. it e che la Nie così commenta: “Vale la pena ricordare che 2007 e 2008 sono stati gli anni in cui la Nie ha subito le perdite maggiori della sua storia. In quegli anni, il direttore responsabile era Antonio Padellaro, attuale direttore de il Fatto Quotidiano”. Evidentemente lo stato di prostrazione in cui versano gli attuali consiglieri della Nie comporta anche gravi disturbi di memoria, che provvediamo quindi, brevemente, a rinfrescare. Nel 2008, l’Unità vendeva quasi il doppio delle copie che vende ora. Prima del 2008, c’è stato il 2001 quando grazie alla direzione di Furio Colombo e a una cordata di imprenditori coraggiosi l’Unità viene risollevata da una voragine di debiti targati Ds e riportata nelle edicole con innegabile successo presso i lettori. Invece, dopo il 2008 ci sono soltanto l’Unità con la minigonna (poi ritornata a un formato meno stravagante), le vendite a picco e lo stato di crisi.