mercoledì 12 settembre 2012

In bolletta il Paradiso di Padre Fedele

DiDi Saverio Paletta su Calabria ora del 12/09/2012

I fasti della carità cosentina degli anni ’90 sono lontani. E sono lontani pure i tempi in cui raccogliere i fondi per uno come Padre Fedele era uno scherzo. Non sembri un paradosso, ma la crisi manda in crisi pure chi, per vocazione e missione, si occupa delle crisi, piccole e grandi che scuotono i settori più poveri della società. Perciò quasi non meraviglia che il Paradiso dei poveri, la Onlus con cui l’ex frate cerca di continuare alla meno peggio dopo l’“Oasi” stenti a tirare avanti. Al riguardo, il paragone tra le due strutture, quella “maxi” che troneggia all’ingresso di piazza Riforma e quella “mini”, che resiste, quasi in segno di sfida, nell’appartamentino di via Montagna, è un po’ deprimente. Nel “Paradiso”, si nota soprattutto la voglia di continuare nonostante i tanti problemi e i pochi mezzi che, per povertà, ricordano il gruppo Tnt. Due stanzette più bagno al primo piano, pochi arredi, una Seicento parcheggiata sul lato opposto della strada e il “mitico” Mercedes Sprint, il furgone storico (ha 17 anni e migliaia di chilometri) di Padre Fedele, che finisce un giorno sì e uno no dal meccanico. Ieri, ad esempio, era in riparazione. «Lo dovremmo cambiare perché dà sempre problemi», dice Giovanni Valentino, un affezionato, anzi un ultrà, del monaco, legato a Padre Fedele dall’ormai lontano ’93. Inutile dire che i mezzi non si limitano a scarseggiare: mancano addirittura. Infatti, prosegue Giovanni, «il “Paradiso” esiste solo grazie alla pensione» che il religioso ha devoluto completamente con un atto notarile alla Onlus.
E da questa pensione “esce” tutto: i soldi dell’affitto, circa 200 euro al mese, le bollette di telefono e luce, entrambi in perenne rischio di sospensione per morosità, più gli imprevisti che, per chi si occupa di carità praticamente senza l’aiuto di finanziatori e appoggi esterni, sono tantissimi.
L’associazione esiste dal 2008 e ha sofferto di tutti gli alti e bassi della vita del suo fondatore: dopo il primo biennio di “gloria”, in cui, ricorda Giovanni, «gli aiuti e le donazioni arrivavano con una certa frequenza», c’è stato un certo declino.
Fino allo stop attuale, contrastato solo dalla testardaggine con cui il religioso e i suoi (pochi) volontari mandano avanti la baracca.
Come si può fare carità senza niente? «Ci sono due forni che ci regalano il pane da distribuire e poi da qualche mese abbiamo ottenuto di nuovo la collaborazione del Banco Alimentare che ci fornisce le derrate da distribuire a 35 bisognosi della città», i quali passano a ritirare le provviste in sede o ricevono a domicilio, quando il furgone non è dal meccanico.
Per il resto, niente.
«Abbiamo bussato dappertutto», pure a ditte grosse, tra l’altro già impegnate in operazioni di solidarietà, «senza avere risposte».
Nonostante i limiti si tira avanti.
La sede del Paradiso dei poveri è a dir poco spartana: una saletta con pochi mobili e un pc per il segretario e, a fianco, l’ufficio di Padre Fedele, adorno dei pochi cimeli dell’ex frate: le videocassette con le immagini
delle Missioni in Africa in cui il religioso ha trascorso larga parte della sua vita, qualche taccuino e degli opuscoletti.
Lui, Padre Fedele, è nella sua Africa dal 14 agosto.
Tornerà il 22 settembre, perché due giorni dopo inizierà il processo d’appello.
Forse il “Paradiso”, la sua ultima, gracile creatura, è pure un modo per dimostrare che il frate c’è ancora e che questo frate non è quello dipinto dalla sentenza di condanna che si appresta a combattere tra poco in appello.
«Tiriamo avanti come meglio possiamo», conclude Giovanni, «in attesa di vedere un po’ di luce».
Ma Padre Fedele e i suoi non sono soli: hanno i loro poveri nella sfida quotidiana, ai limiti dell’impossibile, di far del bene quando si è i primi ad aver bisogno d’aiuto.

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