lunedì 13 agosto 2012

CALIMERO E GLI ALTRI QUANDO CAROSELLO ERA MADE IN ITALY

Di Chiara Paolin sul fatto quotidiano del 12/08/2012

CORREVA l’anno 1957 e l’Italia guardava il mondo come un girotondo di sogni, emozioni, futuro.
Era il mondo nascosto dietro i pannelli girevoli di Carosello , la nuova città ideale che debuttava
in bianco e nero sull’unico canale tivù trasmesso dalla Radiotelevisione Italiana.
Una pioggia improvvisa di prodotti e buon umore, liquori seducenti e case di design, cartoni animati e attori famosi prestati al nuovo credo: saremo presto tutti ricchi e felici.
Qualche giorno fa, 337 dipendenti della Richard Ginori hanno abbandonato la sede di Sesto Fiorentino: tutti in cassa integrazione, sperando che qualcuno si faccia avanti a rilevare il marchio.
Per non buttare la bellezza e la memoria di quelle porcellane che tintinnando tra credenzine e pranzi domenicali videro crescere ed esplodere il boom degli anni 60.
Un terremoto di aspirazioni e sviluppo industriale iscritto nel nostro immaginario, eppure già frantumato in un più contemporaneo panorama di crisi aziendali, cessioni di brand, acquisizioni internazionali.
Ricostruire il pantheon immaginifico di quel Carosello oggi è semplice, Youtube ha riportato in vita il senso di un Paese che in vent’anni di pubblicità (1957-1977) è passato dal ricordo delle grandi guerre all’incubo del terrorismo, dal mito della rivalsa sociale ai segnali preoccupanti della crisi energetica.
Nel mezzo, la voglia di crescere.
E la capacità creativa degli italiani che aveva generato un sistema economico vivace, oggi ceduto in gran parte alle logiche del mercato globale e ai suoi padroni lontani.
AVA COME LAVA!
Per tutti
Calimero è un simbolo potente dell’epoca. “Tutti ce l'hanno con me perché sono piccolo e nero, è un'ingiustizia però...” diceva il pulcino commuovendo grandi e piccoli.
Fino a quando una voce calda lo rassicurava: sei solo sporco.
Lieto fine e slogan immortale “Ava come lava ! ”. Era Mira Lanza l’azienda che aveva creduto fin dal primo giorno negli spot tivù, e anche qui il salto alla cronaca odierna racconta di una trattativa in corso per salvare gli 81 posti di lavoro dell’impianto veneto: la proprietà è della multinazionale tedesca Reckitt Benckiser, i
sindacati se la vedono col direttore generale Rajan Andrade in arrivo dagli Emirati Arabi (e con le superprestazioni del Vanish).
In Germania, con Calimero, è finita pure la famosa “Brava brava Mariarosa, ogni cosa sai far tu”.
Più precisamente, il Lievito Bertolini è entrato nel gruppo teutonico Cameo e lì resterà fino a eventuale cessione.
Com’è già successo allo Stock ‘84, nato a Trieste nel 1884, lanciato dal trio Tognazzi-Vianello-Mondaini,
acquisito  dalla tedesca Eckes nel 1991 e rivenduto agli americani della Oaktree nel 2007: lo stabilimento
cittadino è stato delocalizzato lo scorso maggio nella Repubblica Ceca.
E sull’alcool d’epoca, la memoria si scioglie in lacrime amare.
Dal Cynar di Ernesto Calindri alle coppe in cui frizzava lo spumante Cinzano, per arrivare al bicchierino
di Biancosarti e al più sbarazzino Aperol , ormai c’è un solo nome in ballo: Cinzanogroup.
Ovvero una delle rare multinazionali made in Italy con 45 marchi e bilanci miliardari, controllata da
una  silente (quanto litigiosa) famiglia italiana, capitanata da Luca Garavoglia.
Che però, per macinare profitti, si affida al monolitico amministratore delegato Bob Kunze - Concewitz :
“Nel primo semestre del 2012, con riferimento all’Europa, la nostra performance è stata impattata
dalla transazione sulla nuova piattaforma commerciale in Russia, da una disputa commerciale in
Germania, e, infine, dal progressivo deterioramento del clima di fiducia in Italia” ha spiegato il manager commentando i recenti traguardi.
Altro che logorio della vita moderna. Idem per la vecchia cara China Martini, emigrata alle Bermuda
per contrarre un conturbante matrimonio con Bacardi, leader mondiale di rum e affini.
Ma l’esterofilia veteropopolare non finisce qui.
Susanna Tuttapanna? È diventata il formaggino prima Kraft, poi Lactalis (Francia).
Il Dado Star per cui Totò e Aldo Fabrizi recitavano ammiccanti “mi faccio il doppio brodo”? Alla spagnola Gallina Blanca.
Geografie sconvolte da incroci economici e societari: le pentole Lagostina , con il geniale personaggio Linea, ostentano l’origine di Omegna, ma afferiscono al Groupe Seb (ancora Francia), le lavatrici Ignis sono della Whirpool, mentre i pannolini Lines restano dispersi nel Gruppo Bolton (Olanda-Usa) che ha pure Borotalco e Brioschi l’effervescente.
Il vecchio gelato Eldorado, col suo Cocco Bill, galoppa nelle praterie Unilever tramite Algida, e lì incontra il
caro vecchio Knorr, dado amato anche dai bambini più riottosi grazie alle peripezie del Mago Esaù.
A restare marchi italiani, ma con forte accento mondialista, sono le mentine di Grisù e la gomma del Ponte (Perfetti Van Melle), mentre la Zigulì e il magico confetto Falqui sono approdati al grande mercato farmaceutico e la maison ormai marchia tutto quel che serve, chemioterapici inclusi.
CABALLERO & GRINGO
Tristezza?
Concretezza. Basta scorrere l’elenco dei marchi assorbiti dal pantagruelico Nestlè, roba da far sognaretutti i nati tra i Sessantae i Settanta: Buitoni, Maggi, Gelati Motta, Formaggino Mio, Kit Kat, Smarties, Polo, Galak, Baci Perugina, Orzoro.
E se state pensando a Orzobimbo, niente da fare: quello è andato al megagruppo francofilo Nutrition e Santè.
Tantomeno vi consolerete con l’omino Plasmon, che risponde alla Heinz, azienda specializzata nel ketchup di Pennsylvania, mentre la scatoletta Simmenthal è ormai un vanto Kraft.
Quanto al settore olio d’oliva, con quelle belle bottiglione verde scuro che facevano tanto moderno sulla tavola imbandita, ecco Bertolli, Sasso o Carapelli scivolate in Deoleo Spagna.
Insomma,dove diavolo saranno finiti i veri italiani di Carosello? Ci sono i piccoli come Vecchia Romagna (Gruppo Montenegro) oppure Averna, il gusto vero della vita (con aggiunta dei Pernigotti).
Ci sono quelli che si buttano sull’immobiliare e la finanza, come Fernet Branca, e quelli che rilanciano, come la Bialetti che ha appena aumentato il capitale (15 milioni di euro per non soccombere).
Qualcuno invece è diventato davvero grande.
Come Lavazza, che dai fidanzatini del Caffè Paulista (Carmencita e Caballero) è arrivato a ingaggiare George Clooney.
Oppure Barilla, Ferrero.
O il Gruppo Cremonini che ai suoi tempi – scopiazzando il motivo western Ringo di Adriano Celentano – aveva composto la canzoncina dedicata al Gringo: “Laggiù nel Montana tra mandrie e cow boys, c'è sempre
qualcuno di troppo tra noi”. Adesso, in giro, non è rimasto più nessuno.

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