lunedì 3 settembre 2012

Padre Fedele Bisceglia, dove eravamo rimasti


Tra poco ci sarà l'appello per il processo di secondo grado che vede imputato Padre Fedele e Antonello Gaudio che partono dalle deposizioni della sentenza e come disse Marco Travaglio parlando delle motivazioni di una sentenza:
"E' per questo che si dice che le sentenze vanno rispettate. Rispettare le sentenze non vuol dire non discuterle. Rispettare le sentenze vuol dire leggerle e partire dal presupposto che il giudice possa essere in buona fede. Quando uno, dopo aver letto le sentenze, scopre che il giudice ha detto delle grandi stronzate, e magari le dice per coprire qualche papavero potente scaricando le colpe sui suoi sottoposti, allora uno può persino dire non solo che la sentenza è sbagliata, ma che è pure stata scritta in malafede da parte di un giudice che non ha il coraggio di prendersela coi potenti ma soltanto coi poveracci facendo volare gli stracci. Si può dire tutto delle sentenze a patto si siano lette."
Partendo da questo presupposto sulle motivazioni di una sentenza vediamo dai giornali che nei giorni in cui uscì la deposizione cosa scrissero:
  • Marco Cribari su Calabria ora del 17/11/2011

    La suora è credibile, Padre Fedele è un religioso «vittima dei propri istinti sessuali».
    E' questo, in estrema sintesi, il succo della sentenza che lo scorso 6 luglio sancì la condanna del frate e del suo segretario, Antonello Gaudio, riconosciuti colpevoli di violenze sessuali (anche di gruppo) compiuti ai danni di una monaca siciliana.
     Proprio ieri, i giudici hanno depositato le motivazioni di quel verdetto, culminato nei nove anni e tre mesi di pena inflitti a Bisceglia e nei sei anni e tre mesi accordati a Gaudio.
    Per spiegare la condanna, i giudici si sono anzitutto richiamati alla sentenza della Cassazione che recita: «Le dichiarazioni della persona offesa, vittima del reato di violenza sessuale, possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità dell'imputato, non necessitando le stesse di riscontri esterni».
    E in effetti di “riscontri esterni”, in questa vicenda, ce n'erano davvero pochi.
    Non a caso, tutto ruotava intorno alla denuncia presentata da suor T. a ottobre del 2005, in un ufficio della questura romana.
    A quel tempo erano passati già cinque mesi dall'ultimo e presunto stupro da lei subito.
     Cinque in tutto, che a partire dal febbraio di quell'anno, avrebbero scandito il suo periodo di permanenza all'Oasi francescana. Già, ma perché dopo il primo abuso, la donna continuò a soggiornare nella struttura di via Asmara con la prospettiva di subirne degli altri?
    «Per vergogna», spiegano i giudici, e per sorta di «dissociazione» che da un lato le impediva di ribellarsi alle violenze, dall'altro le consentiva di proseguire il suo lavoro all'Oasi come se niente fosse.
    Questo per ciò che riguarda la personalità della parte offesa. «E' depressa», diranno i periti del pubblico ministero durante il processo, facendo risalire la sua patologia proprio alle violenze subite.
    «E' schizo-affettiva e con disturbi dell'umore» replicheranno i consulenti della difesa, tentando di minarne la credibilità. Alla fine, però, i giudici hanno ascolto solo ai primi.
     Per quanto riguarda, invece, la personalità dell'imputato, il collegio giudicante non ha dubbi: quello di Fedele è uno stile di vita «scabroso».
    A supporto di questa tesi, vengono i dialoghi piccanti tra il monaco e altre donne, documentati dalle intercettazioni telefoniche e, soprattutto, i racconti di altre presunte vittime di violenza venuti fuori nel corso delle indagini.
    Quasi tutte straniere, quasi tutte ex ospiti dell'Oasi francescana.
    Racconti spesso «contraddittori» ammettono i giudici, e magari finalizzati all'ottenimento di «permessi di soggiorno per motivi di giustizia».
    Ciò nonostante, per i giudici rappresentano la dimostrazione pratica di come i comportamenti del frate non siano «in linea con l'abito talare».
    Anche questo servirà a motivare la condanna.
    Riguardo al complotto: «durante il processo non è emerso alcun elemento a supporto di questa tesi».
    Che dietro all'intera vicenda ci fosse un piano per sottrarre a Bisceglia il controllo dell'Oasi, è rimasto dunque un semplice pensiero partorito dalla mente del diretto interessato, ovvero lo stesso Padre Fedele.
    «Del resto, perché la suora avrebbe dovuto immolarsi, accettando le pesanti conseguenze giudiziarie della sua denuncia?».
    Una deduzione, quella messa nero su bianco dal giudice estensore, che anticipa di fatto la resa dei conti sintetizzata in poche ed efficaci battute: «Non c'è alcun elemento per dimostrare che il racconto della suora sia fantastico».
    Del resto, l'avevamo anticipato in partenza: nei casi di violenza sessuale, per la giurisprudenza, il racconto della parte offesa è di per sé una prova e tocca alla difesa dimostrarne l'inattendibilità.
    In caso contrario, il verdetto è di colpevolezza.
    Sempre i giudici, risolvono altre due diatribe.
    La prima: la supposta impotenza di Bisceglia all'epoca dei fatti.
    «Nessuna disfunzione erettile» per i periti della Procura e capitolo chiuso.
    La seconda invece riguarda suor T. Dalla visita ginecologica effettuata all'inizio del 2006, emerse che non era più vergine.
    E dal momento che lei stessa, aveva dichiarato «di non aver avuto rapporti sessuali prima di prendere i voti», quella “deflorazione”, suggeriscono i giudici, non può essere altro che il frutto della violenza subita.
    Secondo i tecnici della difesa, invece, lo stato dell'imene dimostrava una «lunga e prolungata attività sessuale», ma questo dato non è stato ritenuto scientificamente accertabile dal collegio dei togati.
    Allo stesso modo, non si è dato credito ad Alin Ancuta, un romeno già ospite in via Asmara.
    O meglio, se n'è dato solo alla sua deposizione in aula, quando smentì di aver avuto rapporti con suor T. In precedenza, invece, aveva inviato via fax, una lettera dalla Romania dichiarando l'esatto contrario.
    A quel documento, era allegata anche una copia del suo passaporto, proprio per dimostrare l'autenticità dello scritto. «Ma Alin ha smentito decisamente tale assunto - è scritto in sentenza - Sebbene in taluni passaggi della sua deposizione appaia non genuino».
    Genuina è invece la suora, anche «quando si contraddice».
    E’ un altro aspetto valorizzato nel verdetto stilato dai giudici cosentini che, in attesa del processo d’appello, scrive la parola fine sulla disavventura giudiziaria del monaco ultrà.
    Nel frattempo, come ogni anno, lui è già in Africa.

  • Quotidiano della Calabria del 17/11/2011

    E' arrivata la motivazione della sentenza dei giudici che lo scorso 6 luglio hanno condannato padre Fedele Bisceglia (a nove anni e tre mesi di reclusione) e il segretario Antonio Gaudio (sei anni e tre mesi) per i presunti abusi sessuali commessi, tra il febbraio e il giugno del 2005, all’interno dell’Oasi Francescana di Cosenza. La suora dunque è credibile, mentre il frate è stato definito "ossessionato dalle donne". Nella motivazione si legge: «Il profilo che probabilmente ha indotto - in primis e più degli altri - ad accostarsi istintivamente con prudenza e stupore alle drammatiche rivelazioni della suora è rappresentato - si legge - dalla circostanza che il principale imputato dei gravissimi e numerosi episodi delittuosi rubricati nei capi di imputazione fosse un frate. Ed invero più che la particolare qualità della persona offesa (che, se pur anch'ella religiosa, non sarebbe, purtroppo, per questo solo motivo al riparo dai turpi e patologici istinti belluini che si proiettano nelle nostre quotidianità con atti di violenze sessuali anche ai danni di minori e di portatrici di handicap psicofisici, come purtroppo le vicende che albergano nelle nostre aule di giustizia ci ricordano), ciò che ha colpito è che l'autore dei denunciati stupri vestisse il saio e quindi improntasse la sua vita terrena ai principi dell'amore, della carità e della fratellanza. In realtà - scrivono i giudici bruzi - l'istruttoria dibattimentale ha permesso di avere un quadro della personalità del Bisceglia affatto diversa da quella che si accosterebbe ad un religioso, ponendo in evidenza come l'imputato in parola sia stato soggetto, quantomeno negli anni coevi agli episodi denunciati, alla forza irrefrenabile di istinti sessuali che lo hanno portato ad atteggiamenti quantomeno lascivi nei confronti di diverse donne». A detta dei magistrati tale atteggiamento «contribuisce a connotare di intrinseca attendibilità e verosimiglianza le sconvolgenti dichiarazioni della suora, che, alla luce del quadro di personalità del Bisceglia quale emerge dalle intercettazioni e dalle numerose deposizioni dibattimentali di donne ospiti dell'Oasi Francescana, appaiono assolutamente coerenti con siffatta personalità». Per i giudici «del tutto esplicito è il contenuto di molte intercettazioni telefoniche, in cui il Bisceglia si dimostra in preda ai propri istinti sessuali, incapace di controllarli e praticamente ossessionato dalle donne. Emblematica, tra tutte, è la conversazione in cui il Bisceglia e una donna praticano sesso telefonico, raggiungendo l'orgasmo. Assai rilevante - si aggiunge - è da ritenere poi l'intercettazione ambientale svolta nell'autovettura di Antonio Gaudio in data 27.5.2006, nel corso della quale quest'ultimo, conversando con un uomo e una donna, e commentando la circostanza che il Bisceglia era risultato negativo, a differenza della Alesci, al test Hpv, quasi si stupisce della circostanza e del fatto che il Bisceglia non avesse contratto neppure l'Aids, nonostante i suoi comportamenti in Africa». Per i giudici cosentini «assai rilevante è da ritenere la deposizione, riscontrata dalle suore escusse, dell'assistente sociale D. M., che frequentava l'Oasi Francescana per motivi legati alla sua attività lavorativa, la quale ha dichiarato che alcune donne si rifiutavano, nonostante espressa indicazione in tal senso da parte dei servizi sociali, di chiedere aiuto economico all'Oasi perché sapevano che, in cambio, padre Fedele, avrebbe chiesto loro “di andare a letto” . La stessa Miceli ha inoltre confermato che, avendo parlato con Suor T., suor Loredana e suor Maria, queste ultime le avevano confidato che il Bisceglia le importunava e che aveva atteggiamenti lascivi nei confronti di ospiti dell'Oasi; la teste ha dichiarato che lei aveva consigliato loro di denunciare i fatti all'autorità giudiziaria, anche se le aveva avvertite del fatto che il Bisceglia era una persona molto conosciuta e che gli enti preposti avevano nei suoi confronti una fiducia maggiore di quella che potevano avere loro». Dalle dichiarazioni raccolte nel corso dell’istruttoria dibattimentale e dalle intercettazioni sarebbe emersa «da un lato la personalità morbosa del Bisceglia che era di fatto ossessionato dal tentativo di soddisfare i suoi desideri sessuali e di dimostrare la propria virilità, dall'altro la triste realtà delle ospiti femminili dell'Oasi Francescana». Per quanto riguarda Antonio Gaudio, definito il “braccio destro” di Bisceglia, per i giudici «sono emersi, dall'istruttoria, diversi e convergenti elementi in merito alle sue attenzioni di natura sessuale nei confronti delle ospiti dell'Oasi. Innanzitutto già dalle intercettazioni si ricava come anche il Gaudio ponesse in essere condotte sessuali esplicite all'interno dell'Oasi. A conferma dell'attendibilità delle dichiarazioni di suor T., suor Loredana e suor Maria circa la visione di immagini pornografiche da parte del Gaudio sul suo computer, vi sono gli elementi emersi a seguito del sequestro di materiale informatico operato dalla polizia giudiziaria a carico del Gaudio nei locali a piano terra dell'Oasi al momento dell'arresto di quest'ultimo e del Bisceglia, e su cui hanno deposto gli Ufficiali di polizia Mirabelli , Gentile e Tocci nonché il consulente del pm Tarsitano. In particolare - si ricorda nella motivazione - è stato rinvenuto, sebbene all'interno del computer portatile del Gaudio (e non nel pc dell'ufficio), un video contenente immagini pornografiche in cui erano immortalati due uomini e una donna vestita da suora (filmato, comunque, nel quale non si è riconosciuta la suora)». Le motivazioni sono ora in mano agli avvocati Eugenio Bisceglia, Franz Caruso, Roberto Loscerbo ed Elisa Sorrentino. Il tempo di leggerle e si procederà con l’impugnazione. Si andrà, insomma, in Appello. Evidenziata «la triste realtà delle ospiti della struttura»
  • Gazzetta del sud del 16/11/2011


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