Partiamo con Francesco Mirabelli Consigliere comunale PD di Rende:
«Mi sento cittadino di un’unica città...»
Che mi senta cittadino di un’unica città è un dato di fatto.
Certo, sulla mia carta d’identità risulta che sono residente in Rende e che su quel territorio, precisamente in Arcavacata, sono cresciuto.
Tuttavia, è tra Cosenza e Rende che si svolge la mia vita quotidiana.
È tra Cosenza e Rende che prendono forma le mie relazioni sociali, che si sviluppano le mie attività professionali, che vivo il mio tempo libero.
Proprio perché si tratta di un’unica città, anche se con due municipi, due sindaci, due giunte e due consigli comunali.
Il punto è che siamo tutti cittadini di un unico contesto socio-culturale e, per quanto possiamo essere cresciuti in quartieri rendesi o cosentini, cosa che ci porta a nutrire un atavico campanilismo per la zona in cui si è svolta la nostra socializzazione primaria, siamo ben consapevoli di vivere ed usufruire dei servizi che l’unica città di CosenzaRende ci mette a disposizione.
Certo, alcuni distinguo sono evidenti: il comune di Rende si contraddistingue per una gestione dei servizi ai cittadini più efficiente, frutto di anni di politiche accorte (acqua, rifiuti, infrastrutture viarie), così come il fascino e la tradizione storica di Cosenza (l’antica Consentia, simbolo dell’alleanza tra i popoli delle colline, la città senza mura!) rappresentano dote imparagonabile, da custodire e tramandare alle generazioni future.
Per questi e molti altri motivi manifesto pubblicamente il mio dispiacere nel leggere le polemiche che, in questi giorni, stanno caratterizzando il dialogo tra esponenti amministrativi-politici delle due amministrazioni.
Le reputo inutili e fini a se stesse.
Puramente autoreferenziali, che nulla apportano al bene comune e al progresso sociale.
Affermazioni come “a Cosenza si fanno solo effetti speciali” o “Rende non è altro che la periferia di Cosenza” cosa producono, sostanzialmente, in termini di benessere civile?
Quanto pensate che interessi al comune cittadino la polemica tra il consigliere Tizio di Rende e quello Caio di
Cosenza?
Quanto credete che faccia bene alla nostra unica città il pungersi attraverso parole di vento?
Siamo ancora a un livello in cui conta quello che si dice invece che quello che si produce per la comunità?
A trent’anni non è questa la politica che ho in mente e che cerco di riprodurre nelle mie azioni e relazioni quotidiane.
Non posso e non voglio credere che si faccia il bene di un territorio con lo scopo di mettere in cattiva luce quello di fianco.
Non posso e non voglio credere che si promuova un’attività, un viale, un evento con l’unico scopo di mettersi in mostra nei confronti dei vicini e anticiparli nella programmazione.
No, non può funzionare così.
Le attività e le possibilità che offre il territorio della città di Cosenza si rivolgono anche a tutti i cittadini rendesi. E viceversa.
Perché è questa l’idea di amministrazione del territorio che mi hanno trasmesso all’Università della Calabria durante i miei studi e che ho sperimentato nei miei otto anni di attività politica.
Il rapporto tra le due amministrazioni deve essere improntato alla collaborazione: franca, aperta, condivisa. Attraverso un dialogo costruttivo che tenga presente il bene dei cittadini, a prescindere dalla loro residenza sulla carta d’identità.
Siamo tutti figli del Campagnano.
Apparteniamo tutti a un’unica città.
Passiamo all'altro articolo a cura di Luigi Guido dove parla Mario Rausa esponente in quota Pdl al consiglio comunale di Rende:
«I campanili? Lasciateli al calcio»
Rausa, consigliere rendese del Pdl: «Ma il capoluogo merita rispetto»
L’area urbana è un’idea che seduce molto chi vive fuori dalla cinta cittadina di Cosenza, piuttosto che i “cosentini” in senso stretto.
Gli abitanti del capoluogo e le loro stesse rappresentanze politiche a Palazzo dei Bruzi hanno invece l’atteggiamento vegliardo di chi occupa una posizione dominante che non si vuol in alcun modo perdere e, del resto, non s’intravede una ragione che giustifichi tale perdita.
Non a caso quando si è di fronte all’ipotesi di una conurbazione, sembra che il vessillo dei “sette colli” tenda quasi naturalmente ad affermarsi e rafforzarsi.
Scatenando una sorta di “nausea aristocratica” tutta di neo-matrice rendese.
D’altro canto si dicono tutti d’accordo sulla necessità di risolvere insieme «i problemi».
Se poi alla diatriba tra campanili si aggiungono le “faide” partitiche, molto più frequenti all’interno di uno stesso schieramento anziché tra due fazioni politiche opposte, le possibilità di una relazione costruttiva tra i Municipi dell’area urbana diventa impossibile e «i problemi» in comune irrisolvibili.
Sarà solo una questione di “panni sporchi” vecchi e nuovi che ciascuno vuol tenere per sé?
Può darsi.
È colpa della crisi della politica?
Sicuramente anche.
È il vuoto di potere lasciato da calibri come Giacomo Mancini?
Magari pure, della serie «’a gatta un c’è e i surici abballanu».
Certo è che i motivi di un declassamento dell’orbe bruzia, per quanto oggettivi o tangibili fossero, non autorizzano nessuno a tentare di surclassare, sia pure ideologicamente, l’antico capoluogo.
Esattamente così vede tale questione un consigliere comunale di Rende che, però, funge un po’ anche da “arbitro terzo” grazie ai suoi natali in riva allo Stretto: «Credo che il capoluogo è sempre il capoluogo, per storia, tradizione e motivi politici», sostiene Mario Rausa, originario di Reggio Calabria appunto.
«Cosenza - aggiunge il consigliere del Pdl rendese - va rispettata come capoluogo della provincia più estesa d'Italia».
Tuttavia Rausa non può negare che Rende, negli ultimi anni, abbia fatto «passi da gigante» nel fare di una valle «una zona moderna ed efficiente».
Senza contare l’Unical né la zona industriale.
Il consigliere scopellitiano a Rende spezza pure una lancia a favore dell’agonismo da campanile che «è bello sì ma limitatamente a una partita di calcio».
Sul resto, al contrario occorrerebbe «una grande collaborazione» sui problemi del trasporto, dell’ambiente, dei rifiuti, dell’acqua.
La strada maestra è una e «le due città (Cosenza e Rende, ndr) e aggiungo Montalto e Castrolibero», devono percorrerla insieme.
«Si mettessero a tavolino - ammonisce Rausa - per parlare di questi problemi senza che nessuno fagociti l’altro ma in grande sinergia sui grandi temi... poi è chiaro che ognuno ha il diritto di rivendicare le proprie appartenenze».
E non sfugge a nessuno che Cosenza sia «decaduta dopo i fasti dell’Era Mancini».
Va da sé che dopo secoli di storia “rossa”, ora sia il centro-destra a nutrire l’ambizione di dare a Cosenza, con l’insediamento di Mario Occhiuto, l’ormai insperato «salto in avanti» e restituire alla città «i fasti di un tempo».
Speranze legittime, sulla bilancia del tempo.
Aggiornamento 31/03/2012
Precisazione apparsa su Calabria ora del 31/03/2012:Io nato in riva allo Stretto? Ma se sono un salentino purosangue
Pregiatissima redazione, invio questa email in merito ad articolo giornalistico a firma del bravo Luigi Guido ed apparso nell'edizione di giovedì 29 marzo alla pagina 15 dal titolo "I campanili? Lasciateli al calcio" dove, in un passaggio l'estensore dell'articolo cita testualmente "funge un po’ anche da “arbitro terzo” grazie ai suoi natali in riva allo Stretto". Va bene come arbitro terzo, essendo stato anche arbitro di calcio per circa 40 anni, ma tengo a precisare che le mie origini sono pugliesi, precisamente leccesi, essendo nato a Gallipoli, ed avendo vissuto fino agli inizi degli studi universitari a Casarano.
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