Aterp, la "filiera istituzionale" dell'abusivismo - Corriere della Calabria
La “filiera istituzionale” di Oscar Fuoco partiva da casa (tra gli indagati ci sono suo figlio, Oscarmaria, e sua moglie, la dipendente dell'Ufficio anagrafe del Comune di Cosenza, Maria Leonetti) e finiva nelle stanze dell'Aterp e di Palazzo dei bruzi. Nei faldoni custoditi in Procura sono finiti dirigenti e dipendenti. Colletti bianchi responsabili, secondo i magistrati, di aver chiuso un occhio e agevolato gli affari di Fuoco e dei clan cosentini che gli si rivolgevano.
Il fulcro del sistema era il funzionario dell'agenzia per l'edilizia popolare, che conosceva bene le condizioni di illegalità ma si guardava dal denunciarle. In piazza Clausi Schettini una serie di immobili non abitabili era stata trasformata in appartamenti. E Fuoco, secondo la Procura, era accondiscendente con i locatari. Di più: nella rete dell'inchiesta finisce anche Giuseppe Marchese, ex direttore generale dell'Aterp, che il 5 marzo 2010, presentava «all'Ufficio tecnico del Comune di Cosenza, richiesta del permesso di costruire per l'ampliamento e il cambio di destinazione d'uso dei locali» di quell'immobile.
È come se tutto il sistema si muovesse per agevolare gli interessi dei “proprietari” abusivi di quegli alloggi. Perché Pietro Mari, direttore del settore tecnico dell'Aterp e già storico esponente del socialismo manciniano (è stato anche assessore provinciale all'Urbanistica), «per aderire a “reiterate richieste verbali da parte di cittadini, accompagnate anche da presentazioni da parte di consiglieri circoscrizionali”, chiedeva di predisporre un progetto per la trasformazione di portici di fabbricati Erp siti in via Popilia, in locali commerciali». Un modo per trasformare in negozi delle strutture abusive.
L'unico ad accorgersi che qualcosa non va è un tecnico del Comune (al quale Fuoco fa capire che «gli abusi edili erano stati commessi da persone poco raccomandabili»). La sua segnalazione negativa arriva al Comune. E lì c'è un nuovo colpo di scena: la segnalazione «veniva ricevuta personalmente, in data 14 giugno 2010, dall'architetto Sabina Barresi, dirigente del settore Pianificazione del territorio del Comune di Cosenza, la quale, tuttavia, anziché provvedere alla demolizione degli abusi, confermava il parere favorevole al rilascio del permesso».
Dal direttore generale al direttore del settore tecnico fino al dirigente comunale: tutti insieme nell'iter che agevola le occupazioni abusive. Tutto da passare al vaglio delle indagini in corso. Ma anche tutto piuttosto inquietante.
Pratiche che passavano di livello in livello. Partendo dal più alto, quello di Giuseppe Marchese, il direttore generale «che qualificava gli interventi come “ampliamento” laddove, invece, si trattava di immobili interessati da interventi edilizi abusivi già realizzati e non sanabili in quanto in contrasto con gli strumenti urbanistici», per spingersi fino a quelli intermedi. Per i magistrati, Pietro Mari ha una «condotta partecipativa alla realizzazione dei falsi ideologici», perché avrebbe spinto per la sanatoria degli abusi e per la successiva realizzazione delle nuove attività commerciali.
Tutti d'accordo, secondo l'accusa, dietro la “sapiente” regia di Oscar Fuoco. L'anello di congiunzione tra i clan che avevano bisogno di favori “edilizi” e i colletti bianchi. E l'uomo di riferimento delle ditte che volevano lucrare sui lavori dell'Aterp. Un filone dell'inchiesta della Procura di Cosenza si occupa anche di questo aspetto e della curiosa assegnazione di alcuni lavori di “somma urgenza” per una frana a Castiglione Cosentino. Peccato che i lavori siano stati affidati a quasi tre anni dall'evento. Un altro dei paradossi del sistema Aterp. Che si cibava, secondo i magistrati, anche della diffusione di dati riservati. In questa branca dell'inchiesta sono indagati la moglie di Fuoco, Maria Leonetti, e Raffaele Gentile, dipendente dell'Aterp e sindacalista della Uil, fratello di Pino e Tonino Gentile, rispettivamente assessore regionale e senatore del Pdl.
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