Il capogruppo Pd: ripartiamo dal congresso regionale
Intervista di
Teresa Munari a
Sandro Principe su Calabia ora del 22/04/2013
È toccato a Sandro Principe, capogruppo del Pd in missione a Roma come grande elettore del Presidente della Repubblica, vivere in prima persona il travaglio del suo partito condannato ancora una volta a veder perire il proprio leader senza poter far nulla per salvarlo.
E adesso?
«Io vedo un problema a sinistra dove le decisioni di Vendola (quelle di smarcarsi dalla riconferma di Napolitano) coincidono con la fine di “Italia, bene comune”».
La caduta di Bersani lascia immaginare la nascita di un nuovo soggetto politico?
«Se così fosse, io non mi riconoscerei. Si ripeterebbe un progetto di sinistra estremamente radicale incapace di dar vita a un progetto riformista. E poi una nuova alleanza fra Sel e qualche pezzo del Pd inasprirebbe il quadro, ma non lo migliorerebbe».
Dopo questo scollamento fra Bersani e il resto del partito che aria tira?
«Mi auguro che la parte centrale del Pd, quella che si riconosceva in Bersani e Renzi rimangano nel partito, per confrontarsi fin dal prossimo congresso su due piattaforme alternative. In campo ci sono una serie di riforme costituzionali prima fra tutte l’elezione diretta del presidente della Repubblica, più che sacrosanta se si guarda a ciò che chiede il Paese, e quindi la riduzione dei parlamentari, il “senato delle regioni” … forme di democrazia diretta che comportano inevitabilmente visioni dello Stato diverse e che nel congresso troveranno l’habitat perfetto per misurarsi e confrontarsi».
Due piattaforme? E come si riverberano sul Pd calabrese che è a un passo dai congressi?
«Nel Pd calabrese si sta insieme sempre pronti a scatenare una guerriglia per fatti personali, per aspirazioni mancate e mai su una discussione legata alla Regione che vorremmo, se ci piace così accentratrice o se sarebbe meglio decentrare alcune funzioni, o su come spendere i fondi europei o se ci sono obiettivi straordinari da perseguire. In un partito lacerato come il nostro serve un confronto diretto e a largo raggio,
ecco perché organizzarsi su due piattaforme è la strada giusta da seguire per non restare impaludati
sempre di più in questioni gestionali e mai di principio o di scopo. Dobbiamo finalmente collegarci a ciò
che bolle nella società e questo vale sia a livello nazionale che regionale».
Cosa pensa della macroregione. Crede che possa rappresentare una svolta per le politiche locali?
«La macroregione ha senso soltanto in una visione di Stato unitario. Con la fine delle politiche centraliste anche quelle meridionaliste sono scomparse. E dunque ben vengano le aggregazioni: se ci fosse stata una macroregione del sud l’autostrada non avrebbe avuto bisogno di venti anni per l’ammodernamento, ma sarebbe stata ultimata a tempo debito magari sotto la spinta di una presenza coordinata fra Campania, Basilicata Calabria e Puglia in Conferenza Stato –Regioni, dove invece le prospettive della Calabria rimangono marginali. Sono più che convinto che anche la macroregione possa rientrare nel quadro di riforme che il Paese, che la Calabria aspetta. La riconferma di Napolitano sarà servita al Paese solo se il “Governo del Presidente” opererà come una “costituente” capace di traghettarci su una forma di Governo a carattere federale con conseguente alleggerimento amministrativo e di semplificazione concedendo sempre più potere ai territori e seguendo linee di sempre più radicato civismo».
Un quadro dove il “regionalismo” ammette il suo fallimento!
«E come negarlo. Adesso dobbiamo guardare avanti e a partire dal nostro prossimo congresso regionale affidarci alle scelte dirette di tutti i cittadini calabresi, compresi quelli non iscritti al Pd che vogliamo partecipino alle nostre primarie».
Una battaglia dura che Principe intende combattere contro “l’aparthaid” , ma che pensa di poter vincere. D’Attorre è avvertito!